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Buyer Personas: definizione e applicazione nel marketing

Il concetto di buyer persona nel marketing è una nozione fondamentale per definire il target di riferimento e l’identità di un brand. Per massimizzare l’efficacia delle proprie strategie di vendita e comunicazione è infatti necessario capire chi sono gli utenti a cui ci stiamo rivolgendo.
Nell’articolo di oggi approfondiremo proprio il tema delle buyer personas: dalla definizione alla profilazione, fino alla loro importanza nell’attività di comunicazione aziendale.

Buyer personas – cosa sono

“I nostri clienti ideali sono le nostre buyer personas”. Definizione sicuramente sbrigativa, ma efficace. La buyer persona è di fatto un modello di coloro che hanno acquistato, acquistano o acquisteranno, i prodotti o i servizi della nostra azienda. Pur essendo una rappresentazione ideale, è importante cercare di integrare in essa quanti più tratti psicologici dei clienti reali.

Tuttavia, sarebbe riduttivo fare aderire completamente il concetto di buyer persona a quello di target di riferimento. In un marketing che lascia sempre più spazio alla dimensione valoriale ed esperienziale, la questione non ruota più intorno solo alla vendita del prodotto o del servizio. Ciò significa che la buyer persona è un archetipo di chi, prima ancora di comprare dalla nostra azienda, si rivede nei suoi valori e nel modo in cui essi vengono comunicati.

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Buyers personas – a cosa servono

Definire in maniera corretta e dettagliata le buyers personas serve a orientare il brand nelle sue strategie di marketing e comunicazione, consolidando il suo posizionamento nel mercato in maniera coerente alla propria immagine. Lo scopo è dunque quello di definire parametri quali:

  • Coinvolgimento
  • Conversione
  • Fidelizzazione

Un brand che ha ben identificato le sue buyer personas è dunque in grado non solo di migliorare i prodotti o i servizi offerti, ma di creare contenuti che tengano conto di ciò che i clienti desiderano o si aspettano. Delineare con cura la buyer persona significa giocare d’anticipo, proponendo magari una campagna pubblicitaria o un’ app correlata al nuovo prodotto sapendo contemporaneamente di andare sul sicuro e poter incontrare il favore di nuovi clienti.
In altri termini un brand che conosce bene il modello del proprio cliente ideale può creare un customer journey e una user experience su misura, incrementando contemporaneamente profitto e brand awareness.

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Buyer persona – come profilarle

Le buyer personas sono il risultato di un attento lavoro di ricerca e analisi dei dati raccolti. Questo processo non si basa più soltanto sui criteri socio-demografici, ma anche sull’integrazione di dati psico-grafici che offrono una più completa profilazione psicologica del cliente. Esempi di dati socio-demografici sono:

  • Età
  • Sesso
  • Nazionalità e residenza
  • Livello di istruzione
  • Stato civile e composizione del nucleo familiare
  • Occupazione e fascia di reddito

Queste voci rimangono senza dubbio una parte importante del processo di profilazione delle buyer personas. Ad esempio, sapere che buona parte dei nostri clienti sono donne delle grandi città tra i 30 e i 40 anni, con alto livello di istruzione e occupazione, è già di per sé cruciale per definire le strategie di marketing da adottare.

Quello che però manca ai dati socio-demografici è l’aspetto umano, ovvero cosa pensa il cliente reale, quali sono i suoi valori, le sue abitudini di vita, le sue aspettative verso il brand. È qui che entrano in gioco i dati psico-grafici in quanto, grazie al loro utilizzo, un brand può scoprire:

  • Abitudini di vita: Cosa fanno i nostri clienti nel loro tempo libero? Come vivono la loro vita?
  • Abitudini di acquisto: Il cliente compra in digitale o vuole recarsi in negozio? Preferisce scegliere tra molti prodotti o avere poche varianti?
  • Valori e aspettative: Cosa si aspetta il cliente dal nostro brand? Perché ci sceglie rispetto ai competitor? Quali valori condividiamo?

Identificare il profilo delle buyer personas della propria azienda è un processo complesso, basato sull’armonizzazione di dati diretti e indiretti che vanno dalle statistiche rilevate dagli insights delle campagne sui social media, come le Facebook ADS, alle risposte dirette a sondaggi, e-mail commerciali o questionari. È possibile utilizzare tool e template dedicati per incasellare i dati raccolti secondo le linee guida aziendali.

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Buyer persona marketing – perché vanno individuate nelle strategie di comunicazione

Si può quindi affermare che la definizione della buyer persona è uno degli aspetti cetnrali nella costruzione di una brand identity organica ed efficace. Brand e clienti non sono poli opposti di una relazione venditore-compratore. Oggi i clienti sono prima di tutto fan: vogliono vivere esperienze, identificarsi con un brand, condividere aspirazioni e ideali. Ciò significa che un brand deve costruire la propria identità ed evolverla nel tempo, insieme ai desideri e alla personalità dei clienti.

Questo deve riflettersi non solo nei contenuti creati e nei linguaggi utilizzati, ma anche nei temi di natura etica e sociale sposati per una proposta di valore che va ben oltre la pubblicità e la vendita di un prodotto.

Leggi anche l’articolo: Web reputation – cos’è, come gestirla e strumenti

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Web reputation – cos’è, come gestirla e strumenti

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Coltivare la web reputation della propria azienda è essenziale. I consumatori sono soggetti attivi: condividono le proprie esperienze, parlano dei brand e si interessano della web reputation aziendale prima ancora di comprare un prodotto o servizio. Lo confermano anche Trustpilot e Trusted Shops: oltre il 40% delle persone legge sempre almeno una recensione prima di acquistare qualcosa. Quasi una persona su due.
Le recensioni non sono però l’unico indicatore da tenere d’occhio: la reputazione web è fatta anche di tanti altri aspetti. Li presentiamo in questo articolo, accanto a consigli e strumenti per avere il controllo di ciò che le persone dicono del tuo brand online.

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Web reputation cos’è

Possiamo definire la reputazione sul web come l’insieme di ciò che viene detto e scritto online del brand dalle persone e dai media. Ogni commento, ogni conversazione, ogni recensione lascia trasparire l’opinione che gli utenti hanno di un prodotto e della sua azienda.

Sono tre gli indicatori che ci aiutano a valutare la reputation web di un brand:

  • Il buzz, ovvero quanto le persone stanno parlando del brand. Viene calcolato con un’analisi quantitativa, contando le conversazioni che includono una menzione al marchio.
  • Il sentiment. Una volta definita la quantità delle conversazioni, se ne stabilisce la qualità. Il sentiment ci dice se le persone parlano del brand in maniera positiva, negativa o neutra.
  • L’influenza. A volte non basta solo valutare la quantità e la qualità delle conversazioni ma è anche necessario analizzare le fonti, ovvero chi le conversazioni le inizia. Un commento negativo da parte di un influencer non ha certamente lo stesso peso di un commento fatto da una persona qualsiasi. Analizzare l’influenza di chi parla del brand significa valutarne la reach (le persone raggiunte), la rilevanza (quanto l’influencer è esperto del settore) e la risonanza (quanto il suo messaggio è stato ricondiviso o commentato).

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Web reputation personale e web reputation aziendale

Esistono due tipi di web reputation: la reputazione personale e la reputazione aziendale.
Prima dei brand, anche noi in quanto individui abbiamo una reputazione da difendere e coltivare. Online lo possiamo fare facilmente dai nostri profili social, dal sito web personale e in generale con tutte le nostre attività che lasciano tracce digitali.
La web reputation aziendale è alquanto differente perché se quando si parla di reputazione personale le uniche persone coinvolte nel discorso siamo noi, quando si parla di aziende i soggetti si moltiplicano. Dipendenti, investitori, fornitori, clienti tutti possono dire la propria e tutti hanno il potere di influenzare la reputazione internet del brand.
Per questo è importante affidare la gestione della web reputation a degli esperti, magari una web agency a Milano, persone in grado di monitorare il web, costruire in positivo e gestire eventuali crisi.

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Reputazione web – come gestirla

Warren Buffet è solito dire che ci vogliono vent’anni per costruire una buona reputazione e solo cinque minuti per rovinarla. Per costruire una buona reputazione dunque ci vuole tempo e bisogna lavorare su più fronti. Ad esempio:

  • Il community management sui canali social. Rispondere ai messaggi, moderare i commenti e interagire con gli utenti sono azioni fondamentali per costruire reputazione sul web.
  • Lavorare sulla website reputation, la reputazione del sito web. Si aumenta costruendo una rete di citazioni e link provenienti da domini autorevoli che rimandano al tuo portale.
  • Stimolare le recensioni positive. Ogni volta che si è certi di aver soddisfatto un cliente, invogliarlo a lasciare una recensione è importante per la reputazione web del brand.

Anche coltivando la reputazione internet dell’azienda in maniera doviziosa, prima o poi può capitare a tutti di dover affrontare una crisi reputazionale. Una crisi può nascere da un fatto spiacevole accaduto, un cattivo comportamento, un cliente problematico o dalla denuncia da parte delle persone di qualcosa che viene detto online o offline. In ogni caso, l’unica regola sempre valida di fronte a una crisi di reputazione è che va gestita. L’errore più grande che può essere commesso è fare finta di niente.

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Reputation web – strumenti

Chiudiamo questo articolo sulla web reputation aziendale condividendo alcuni strumenti che possono essere utili a gestire la reputazione su internet del tuo brand. Il primo è Google Trends. Si tratta di un tool gratuito che permette di fare un’analisi ampia non solo sulla quantità delle conversazioni online sul brand, ma anche sul proprio settore di appartenenza in generale.

Google Alert è un altro strumento di casa Google che permette invece di ricevere una notifica e una mail ogni volta che qualcuno online parla della tua azienda.

Se hai delle sponsorizzazioni attive su Google Adwords, lo strumento delle parole chiave della piattaforma è un altro tool utile per gestire la web reputation. Grazie a esso si possono analizzare le query e le keyword con cui le persone ti trovano e individuare eventuali nicchie interessanti.

Esistono infine diverse piattaforme premium come Talkwalker che forniscono una panoramica più completa, approfondita e in real time su tutto il conversato online che ti riguarda.

Leggi anche l’articolo: 8 motivi sul perché dovresti aggiornare il tuo sito web

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Brand – significato, positioning, awareness e reputation

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Brand, marca, marchio, identity, equity, positioning, awareness, reputation. Le parole per raccontare le caratteristiche di un brand sono molte e il rischio di confondersi è sempre dietro l’angolo.
In questo articolo vogliamo mettere un po’ di ordine e accompagnarti in una giungla di termini che nonostante la loro complessità sono ciò che sta alla base di un’azienda di successo e consapevole di se stessa.

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Brand significato

Cominciamo dalla domanda più semplice: cos’è un brand? Il brand è l’insieme di segni, prodotti, valori, attività e reputazione di un’azienda. Si tratta di un sistema complesso, un costrutto attraverso il quale si gioca la relazione dell’impresa con le persone. Il fondatore di Amazon, Jeff Bezos, spiega cosa significa brand con una frase molto semplice e altrettanto chiara: “il tuo brand è ciò che le persone dicono di te quando non sei nella stanza“.
Un brand di successo è riconoscibile, crea fiducia e ha una buona reputazione.

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Brand cos’è e cosa lo distingue da marca e marchio

In italiano la parola “brand” viene tradotta con i termini “marca” e “marchio”. Anche se spesso vengono usati senza distinzione, non hanno esattamente lo stesso significato.

  • La marca è l’insieme degli elementi intangibili tra cui i valori, la percezione delle persone e la personalità di un brand. Il termine “marca” è dunque il più vicino alla definizione di brand data poco fa: potremmo dire che ne è la reale traduzione in italiano.
  • Con marchio si intendono anche tutti gli elementi tangibili. Il logo, i font, i colori, tutto ciò che rende visivamente riconoscibile un brand fa parte del concetto di “marchio”.

Pensiamo ad Adidas per esempio. La sua marca ha a che fare con la nostra opinione sul brand e la sua notorietà. Il suo marchio è invece composto tra le altre cose dalle tre strisce bianche, dal nome e dallo stile dei suoi prodotti.

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Brand Identity e Brand Equity

Ora che abbiamo capito il brand cos’è e qual è il suo significato, siamo pronti a parlare di “brand identity” e “brand equity“.
La brand identity è composta da tutto ciò che il brand dice di se stesso. La vision, la mission, i valori, la personalità, il tono di voce: tutte le caratteristiche di un brand di cui il brand stesso è consapevole ne costituiscono l’identità. Immaginiamo di dover lanciare una nuova attività: in quel momento in cui nessun altro ha ancora visto il nuovo marchio esiste solo la brand identity, ovvero il modo in cui noi da domani vogliamo comunicare con le persone, nel mercato.

Sorella della brand identity è la brand equity. Se la brand identity è ciò che il brand dice di se stesso, la brand equity è ciò che gli altri dicono del brand. Si parla di brand equity per sottolineare il valore che il brand riesce a generare non tanto grazie alle caratteristiche intrinseche di un prodotto, quanto alla percezione che le persone hanno di quel prodotto o servizio. La brand equity è il valore aggiunto, è il motivo per cui una giacca del marchio Patagonia non è uguale a una qualsiasi altra giacca da escursionismo simile.

Brand positioning

Un aspetto importante di cos’è il brand è dato dalla sua posizione rispetto ai competitor. Il brand positioning è il modo in cui noi consumatori mettiamo a confronto le varie marche. È come se ognuno di noi immaginasse costantemente una mappa, uno schema per ogni qualità: eleganza, comodità, simpatia, serietà, ecc… All’interno di queste mappe riusciamo sempre immediatamente a posizionare un brand rispetto a un altro. Ecco che Gucci è più elegante di Legea, Coca Cola è più simpatica di Martini e i confronti potrebbero proseguire.

Essere consapevoli del proprio posizionamento rispetto ai competitor permette ai brand di modulare il modo in cui comunicano alle persone, affermando e sfruttando la propria unicità.

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Brand awareness e brand reputation

Un brand non esiste se nessuno lo conosce. La brand awareness è il grado di riconoscibilità di un brand e si articola su tre livelli:

  • Top of mind: un brand che occupa questa posizione è il primo in assoluto che le persone associano con una determinata categoria merceologica.
  • Unaided awareness: ovvero le persone sono capaci di ricordare il brand di fronte a una domanda generica del tipo “quali marche di gelato conosci?”.
  • Aided awareness: ovvero le persone riconoscono il brand ma solo se una persona gliene parla direttamente.

Mentre l’analisi dell’awareness calcola quanto un brand è noto, la brand reputation punta a scoprire la “qualità” di questa notorietà. Una grande parte di cosa vuol dire brand reputation è data dall’opinione delle persone. Sulla reputazione influiscono anche la qualità dei prodotti, le attività della marca in comunicazione, le reti di relazioni con soggetti terzi costruite nel tempo (ad esempio agenzie, stampa, competitor, rivenditori) e molto altro. Per mantenere una buona reputazione bisogna porre attenzione e cura in tutti questi aspetti, coltivandoli negli anni.

Leggi anche l’articolo: A cosa serve un sito web?

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Siti web aziendali: caratteristiche principali, obblighi di legge

Si stima che in Italia almeno un’azienda su tre non abbia ancora il proprio sito web aziendale. Nel momento storico in cui ci troviamo si tratta di un elemento imprescindibile: è il cuore della tua identità digitale, l’interfaccia principale tra te e i tuoi clienti e, se vendi prodotti o servizi online, è anche il luogo dove avviene la magia dell’acquisto.

I siti web aziendali sono molte cose (una vetrina, un racconto, un negozio, un sistema di prenotazioni…) e possono rispondere a diversi obiettivi. In questo articolo scopriamo tutto ciò che c’è da sapere sulla creazione e sullo sviluppo di siti web aziendali.

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Siti web aziendali: strategia

La prima cosa da definire per creare il sito web aziendale è una strategia. Perché vuoi creare il sito aziendale? Quali sono gli obiettivi che vuoi raggiungere attraverso questo asset? Per aiutarti nella definizione della strategia, ecco i principali obiettivi dei siti web aziendali:

  • Comunicare con il proprio target. Il sito web aziendale è il luogo in cui il brand si presenta e ha la possibilità di comunicare un messaggio in uno spazio in cui è libero di fare ciò che vuole nella forma che vuole, perché di sua proprietà. Sul sito puoi anche aprire dei canali di contatto con i tuoi clienti: servizi di supporto, chatbot, mail, ecc…
  • Dare visibilità all’impresa. La creazione di siti web aziendali è un’opportunità per aumentare l’awareness dell’impresa. Grazie a una strategia SEO ben implementata, il sito può comparire nei primi risultati nelle pagina di ricerca.
  • Vendere. Il sito di un’azienda può anche avere come scopo la vendita. Si tratta di un canale proprietario che può essere scritto, disegnato e progettato nei minimi dettagli per favorire la vendita: magari attraverso il funnel marketing.

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Realizzazione siti web aziendali: caratteristiche principali

Una volta definita la strategia, si passa alla realizzazione siti web aziendali. Ecco che è importante conoscere le caratteristiche di un buon sito, tratti da tenere in considerazione nella fase di sviluppo. Ne abbiamo raccolti alcuni:

Funzionale

Prima di tutto, il sito deve rispondere all’obiettivo che gli è stato dato. Testi, articoli, grafiche, sezioni, tutto deve andare nella stessa direzione: essere facilmente utilizzabile dall’utente. Il sito fatto bene è chiaro da usare alla prima visita, le informazioni si trovano facilmente, la grafica rispetta criteri di fruibilità prima che di artisticità.

Responsive

Il sito deve adattare la sua struttura e i suoi contenuti in base al dispositivo da cui viene aperto. L’esperienza dell’utente da computer non è la stessa di quella di uno da smartphone, per cui ogni versione deve garantire la miglior esperienza dal dispositivo per cui è pensata.

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Veloce

Il sito web aziendale deve caricare in pochi secondi. È provato che le persone non aspettano più di due o tre secondi prima di stancarsi e cambiare pagina. Durante lo sviluppo sito web aziendale è importante far sì che non si perda mai la velocità di caricamento.

Sicuro

I siti web devono sempre rispettare gli standard e le linee guida in fatto di sicurezza. Soprattutto se si raccolgono dati di navigazione o se si gestisce un e-commerce, la sicurezza deve essere una priorità.

Scalabile

I migliori siti web aziendali sono pronti ad accogliere e dimostrare la crescita dell’impresa. Sopportano un traffico elevato, hanno un down time minimo, sono modulari nella creazione di nuove pagine e sezioni dedicate a nuovi prodotti e servizi.

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Creazione siti web aziendali: obblighi di legge

Esistono degli obblighi di legge nel creare sito web aziendale? Anche se non esiste una vera e propria disciplina di riferimento, esistono alcune norme che vanno rispettate.

L’art. 42 della Legge n. 88/2009 obbliga tutte le SRL a includere nel proprio sito le seguenti informazioni: Partita IVA, Codice Fiscale, Indirizzo completo della sede legale, Ragione Sociale, Ufficio del registro presso cui la società è iscritta e numero d’iscrizione, Numero REA, Capitale sociale, sia il versato che quello esistente nelle casse societarie, Stato di liquidazione della società.
Ditte individuali e società non di capitali hanno qualche obbligo in meno.

L’art. 13, D.Lgs. 196/2003 impone di rendere visibile sul sito l’informativa sulla Privacy, il documento dove si specifica come vengono raccolti i dati personali, come vengono trattati e da chi.
E salvo casi rari sussiste anche l’obbligo d’inserire nel proprio sito web aziendale un banner contenente una prima informativa “breve” circa la richiesta di consenso all’uso dei cookie e un link per accedere all’informativa più “estesa”.

Case history dei migliori siti web aziendali

Per vedere tutto ciò che abbiamo detto messo in pratica, abbiamo deciso di presentare due esempi: il sito web aziendale di Cignoli e quello di Arca Etichette. Si tratta di due siti simili nella struttura, ma con qualche differenza interessante. Eccone le caratteristiche più rilevanti:

  • Entrambi usano il protocollo HTTPS, che certifica le connessioni sicure.
  • Entrambi mostrano all’arrivo dell’utente l’informativa breve per la raccolta dei cookie e rimandano a quella completa.
  • Tutti e due sono responsive, si adattano quindi al dispositivo da cui vengono aperti.
  • Il sito di Cignoli presenta l’azienda e rimanda più volte all’e-commerce, poiché questa è la priorità dell’azienda.
  • Il sito di Arca Etichette è attento a direzionare fin da subito le persone in base a ciò che le interessa: da qui il “menù” a categorie che si trova in homepage dedicato ai settori merceologici.
  • Entrambi i siti includono nel footer, la parte bassa dei siti web aziendali, tutte le informazioni necessarie a identificare l’azienda. In questo spazio sono anche riportati la mappa del sito e i canali social dell’impresa.
  • Entrambi i siti caricano molto velocemente.

Leggi anche l’articolo: Meccanismo unico marketing: perché è fondamentale per vendere

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Meccanismo unico marketing: perché è fondamentale per vendere

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Oggi parliamo di una tecnica utilizzata in genere poco e male: il Meccanismo Unico nel marketing. Il Meccanismo Unico è uno dei concetti fondamentali del copywriting / marketing che permette alle aziende di accompagnare il consumatore all’acquisto. Si tratta di una tecnica utilizzata principalmente durante la scrittura dei testi, ma conoscere il Meccanismo Unico del proprio prodotto-servizio è importante anche per il marketing aziendale in generale. Una volta che è chiaro, può essere infatti utilizzato su tutti i media in maniera consapevole.

In questo articolo presentiamo le caratteristiche del Meccanismo Unico e mostriamo qualche esempio di come può essere utilizzato.

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Meccanismo Unico marketing: cosa è, e perché è cruciale 

Il Meccanismo Unico marketing è ciò che spiega al consumatore come manterrai la promessa della Unique Value Proposition. Il tuo prodotto promette un beneficio? Con il Meccanismo Unico spieghi come e perché riesci a far ottenere quel beneficio.
Se operi in un mercato con tanta concorrenza (praticamente tutti), affermare una semplice “promessa” non basta: ci saranno altre decine di competitor pronti a farne una uguale o migliore. Facendo un esempio, non basta dire che “la mia macchina ha la forma più aerodinamica del mercato” perché chiunque e in ogni momento può spararla più grossa.

Il Meccanismo Unico spiega alle persone perché quella è davvero la forma più aerodinamica di tutte.

L’obiettivo del Meccanismo Unico nel copywriting è quello di “mettere un muro” tra te e la competizione. Quel “perché” non deve poter essere copiato né superato da nessuno. Ecco che allora emerge l’importanza del Meccanismo Unico. Che sia in un testo su un e-commerce, in un blog post, su un sito o nel copy di un tv commercial, il meccanismo unico ha il compito di rappresentare il motivo per cui le persone si sentono sicure a scegliere il tuo prodotto.

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Meccanismo Unico marketing: caratteristiche principali 

Quali sono le caratteristiche principali di un Meccanismo Unico marketing?

  • Si tratta innanzitutto di un meccanismo. Un sistema, una fonte, un ragionamento, una tecnologia, un processo, che valida la tua Grande Idea.
  • È unico. Come dice il nome, non può essere copiato da altri. Devi essere l’unico a utilizzarlo, altrimenti perde di senso ed efficacia.
  • È comprensibile. Come tutto in comunicazione, deve arrivare forte e chiaro. Lo devono capire tutti, in particolare il tuo target.
  • Il Meccanismo Unico è credibile. Le persone non sono stupide e le aziende non devono mai affermare qualcosa di chiaramente falso. Come dicono le mamme, tutti i nodi prima o poi vengono al pettine.
  • Il Meccanismo Unico marketing lascia il segno ed è riconoscibile. Dopo che le persone ne vengono a conoscenza la prima volta, non devono poterlo più dimenticare.

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Meccanismo Unico e Grande Idea 

Il Meccanismo Unico viene spesso confuso con la Unique Value Proposition o peggio ancora con la Grande Idea. Quando questo accade il risultato è un ibrido che, citando un famoso adagio, “non è né carne né pesce”. Quando si fa comunicazione (e dunque quando il brand parla) bisogna essere sempre netti, precisi, chiari. Nessuno ricorda le mezze affermazioni.

Ecco che allora la Grande Idea non deve mai mescolarsi con il Meccanismo Unico. La Grande Idea è la tua Unique Selling Proposition, è la caratteristica più innovativa, speciale, audace del tuo prodotto, che lo rende unico.
Il Meccanismo Unico è il motivo per cui la Grande Idea è vera.

Meccanismo Unico nel copywriting: tradurre le parole in vendite

Il Meccanismo Unico nel marketing e nel copywriting serve fondamentalmente a una cosa: tradurre i concetti in parole, e le parole in vendite. Immaginiamo di essere un consumatore e di avere davanti la possibilità di scegliere tra due magliette di brand simili. La promessa è la stessa: “Questa maglietta è fatta di cotone ecosostenibile”. Uno dei due però aggiunge: “a km0 perché è l’unico raccolto in Italia”.

A parità di prezzo e delle altre leve di marketing, è probabile che la scelta del consumatore cadrà sulla maglietta a Km0 poiché oggettivamente più ecosostenibile. Tutto era lo stesso, ma la seconda ha dimostrato di essere più sostenibile del competitor. Ha usato un Meccanismo Unico.

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Meccanismo Unico nel marketing: esempi

Abbiamo già fatto un esempio di Meccanismo Unico marketing, ma in questo paragrafo ne vogliamo scrivere altri due, per rendere il concetto più chiaro.

  • Primo esempio: Levissima

Una delle più celebri acque italiane promette di essere “altissima, purissima e levissima“. In ogni etichetta e su ogni confezione di acque Levissima, troviamo anche il suo Meccanismo Unico: “Dalle Alpi Italiane“. Il fatto che venga dichiarato che quell’acqua viene dalle Alpi, dalle montagne più alte del nostro Paese è il motivo per cui le persone si fidano della promessa di essere prodotta a notevoli altitudini, di essere molto pura e altrettanto leggera. Una suggestione che si crea nella mente del consumatore e che non dimentica più.

  • Secondo esempio: Giovanni Rana

I prodotti di Giovanni Rana non sono molto diversi da tantissimi altri di pasta fresca e la loro promessa può essere riassunta in “pronta in pochi minuti e fatta con ingredienti freschi”. Nulla di nuovo insomma. Il successo del pastificio Rana oggi è ampiamente attribuibile al suo Meccanismo Unico: Giovanni Rana stesso. Quel signore che vedevamo tutti i giorni in televisione da piccoli ha acquisito negli anni un’aura di autorevolezza non indifferente quando si parla di pasta. La sua firma, la sua presenza stessa di imprenditore con le mani nella farina, è appunto la certificazione che quei prodotti sono figli della sua esperienza e sono dunque unici rispetto a tutti gli altri.
Si, questo secondo caso è un po’ al limite e di certo non facile da replicare, ma lo abbiamo voluto citare proprio per far capire che il Meccanismo Unico deve essere senza alcun dubbio UNICO.

E cosa c’è di più unico di un individuo?

Leggi anche l’articolo: Ottenere traffico sul sito a pagamento con Google Adwords

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Ottenere traffico sul sito a pagamento con Google Adwords

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Se la tua attività ha un sito web, hai sicuramente sentito parlare di Google Ads. Conosciuto con il nome storico di Google Adwords, è uno strumento per promuovere il proprio business tramite campagne pubblicitarie online sfruttando gli spazi e i circuiti del più celebre motore di ricerca al mondo. Usare Google Ads significa avere la possibilità di essere posizionato ai primi posti della SERP (Search Engine Results Page, ovvero i risultati di ricerca) e/o di essere promosso in molti dei banner che si incontrano durante la navigazione. Questo permette all’azienda di avere facilmente più visite che possono trasformarsi in vendite.

Sapere come funziona Google Ads è fondamentale per capire come sfruttare tutti i vantaggi ed evitare di gettare al vento il proprio budget. Questa guida si propone di raccontare ad un “civile” come i professionisti utilizzano Google Ads nel modo corretto per e-commerce e siti vetrina / siti aziendali, al fine di fornire strumenti utili a comprendere se il servizio di cui ci si serve sia o meno ottimizzato.
Gestire in maniera efficace Google Ads è molto difficile, GA è uno degli strumenti pubblicitari più complessi a disposizione delle imprese, per cui è bene capirne le potenzialità, ma per evitare di sprecare soldi e tempo la creazione e gestione delle campagne va sempre delegata a una persona esperta.

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Google Ads – cos’è

Iniziamo dalle basi rispondendo alla domanda più semplice: cos’è Google Ads?

Google Ads è una piattaforma che permette di creare campagne pubblicitarie online sulle properties di Google. Le campagne vengono create per obiettivo, target e soprattutto keyword: le parole chiave usate nella ricerca del tuo sito o prodotto. Google Adwords prevede due reti di circolazione degli annunci:

  • La Google Search Network (GSN), ovvero la pagina di ricerca di Google. Qui l’utente è attivo, cercando in prima persona una o più parole chiave.
  • La Google Display Network (GDN), ovvero la rete di banner, video, lightbox, ecc… che l’utente vede passivamente durante la sua navigazione sul web.

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Google Adwords come funziona

Ora che sappiamo cos’è Google Ads, resta da capire come fa Google a scegliere a chi, dove e quando mostrare il nostro annuncio. Per quanto riguarda la GSN, la rete di ricerca, Google Adwords tiene in considerazione tre parametri:

  • Il Quality Score (QS): un punteggio che va da 1 a 10 che misura la qualità dell’annuncio e la pertinenza della pagina di destinazione rispetto le keyword obiettivo.
  • Il Cost per Click (CPC): la spesa necessaria a ottenere un singolo clic rispetto al budget proprio e dei competitor.
  • Le estensioni: una serie di dettagli che rendono completo e appetibile l’annuncio. Si tratta di recensioni, indicazioni geografiche, informazioni di contatto, ecc…

Questi parametri attribuiscono al nostro annuncio una preminenza all’interno della gerarchia dei vari annunci che vorrebbero comparire per una determinata ricerca.
Questa preminenza influenza l’asta automatica che viene effettuata fra tutti gli inserzionisti al fine di decidere la posizione in cui l’annuncio verrà visualizzato.

Quando invece il nostro annuncio è distribuito sulla GDN, la rete dei banner per intenderci, Google tiene conto sempre del budget e della modalità con cui siamo disposti a spenderlo (per click, per mille impressioni o per acquisizione), ma anche delle caratteristiche del target che gli abbiamo indicato. Combinando questi fattori sia in un caso che nell’altro Google decide in che ordine posizionare gli annunci e quando mostrarli.

Come creare una campagna Google Ads

Attivare una campagna su Google Adwords è complicato poiché ogni annuncio ha decine di parametri e di opzioni che danno vita a milioni di combinazioni differenti degli annunci, non tutte utili. Questo vuol dire che tutte le opzioni attinenti al servizio/prodotto vanno compilate strategicamente al fine di ridurre il Costo per Click ed evitare sprechi.

Ecco dunque alcune indicazioni su come creare una campagna su Google Ads:

  • Seleziona le reti su cui vuoi lavorare (GSN e GDN).
  • Imposta un obiettivo. Può essere fare vendite, creare nuovi lead o portare “semplicemente” traffico al sito.
  • Seleziona la località e la lingua del target di riferimento. Questo determina dove e a chi verrà mostrato il tuo annuncio.
  • Definisci un budget e una modalità di pagamento: per click, per mille impression o per acquisizioni (ove possibile).
  • Imposta le keyword cercando di coprire al meglio il search intent dell’utente che vuoi ragggiungere
  • Crea l’annuncio dinamico utilizzando titoli e descrizioni appropriate alle keyword e alla pagina di destinazione
  • Arricchisci l’annuncio con tutte le estensioni applicabili.

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Come utilizzare Google Ads per il sito vetrina o per l’e-commerce

Google Ads è lo strumento ideale per promuovere il proprio sito aziendale o il proprio e-commerce. Da un lato permette di proteggere il tuo brand risultando tra i primi sulla keyword branded, anche in presenza di altri competitor. Dall’altro porta traffico al sito concentrandosi sulle persone che già sono in cerca genericamente di un prodotto/servizio come il tuo, aiutandoti a trasformarle in contatti e poi vendite.

Imparare come usare Google Ads è dunque importante per prendere coscienza delle potenzialità di questo tool e integrarlo nella propria strategia di marketing.

Perché serve un consulente Google Ads

Un consulente Google Ads è un esperto di marketing in grado di consigliare la strategia migliore per fare pubblicità tramite questa piattaforma. Durante una consulenza per Google Ads, è importante far emergere le caratteristiche e i tratti distintivi del prodotto/servizio da promuovere, per poter creare la soluzione più convincente. Perché Google Ads fa una sola cosa, semplice a dirsi ma difficile a farsi: convincere l’utente a cliccare su un link!

Il rischio di attivare campagne da soli è quello di non farlo nel modo giusto e sprecare quasi interamente il budget pubblicitario che si ha a disposizione.

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Come inserire la consulenza Google Ads in un progetto di comunicazione

Come avrai capito Google Ads è uno dei tool più potenti per portare traffico in target sul tuo sito, ma da solo non può fare i miracoli. Al fine di trasformare questo traffico in contatti o vendite è fondamentale che la consulenza Google Ads sia integrata in un progetto di comunicazione.
Accanto alle Ads bisogna avere ad esempio:

Questo perché gli annunci Google ci permettono di portare persone in target sul sito, ma da quel punto in poi sta al sito convincerli all’acquisto o al contatto.

Leggi anche l’articolo: Meccanismo unico marketing: perché è fondamentale per vendere

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Unique value proposition: cosa è e perchè ogni azienda deve averla

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Sul pronào del santuario di Apollo a Delfi è scolpita una delle massime più famose al mondo: “conosci te stesso“. Si tratta di un monito, una frase che i greci si volevano ricordare, perché troppo facile da dimenticare, trascurare.
Inseguire questa massima è importante nella nostra vita personale, ma come ci insegna il marketing anche i brand sono, in fondo, dei soggetti come noi.
Esistono molti strumenti per definire l’identità di un brand o di una PMI e quello più celebre prende il nome di Unique Value Proposition. La UVP è la proposta unica di valore che il brand fa al suo target: è una promessa, un messaggio forte e chiaro che lo contraddistingue rispetto ai competitor.

Essere sul mercato consapevoli di chi siamo e a chi stiamo parlando fa la differenza. Cambia in primis l’azienda e tutte le decisioni che prende, i prodotti che lancia, il modo in cui comunica: tutto tende verso un’unica direzione.
Per essere percepiti come unici e coerenti dal nostro pubblico è importante essere certi della nostra Unique value proposition. In questa guida raccontiamo il processo per trovarla e diamo alcuni esempi utili per vederla in azione.

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Unique value proposition: cos’è?

La Unique value proposition nasce dal concetto di Unique Selling Proposition, formulato da Rosser Reeves nei primi anni ’40 del ‘900.
Reeves era un pubblicitario concreto: detestava i giri di parole, il “fumo” gettato in faccia ai consumatori. Per questo ha sposato la dottrina dell’hard-selling del collega Claude Hopkins. La sua idea era che la pubblicità dovesse comunicare esclusivamente il motivo concreto e unico per cui le persone dovrebbero comprare il tuo prodotto.

Dal 1940 ne è passata di strada e oggi la Unique selling proposition di Reeves si è evoluta in quella che chiamiamo Unique Value Proposition.
La UVP è una frase che esprime in modo univoco e inequivocabile il perché una persona dovrebbe voler a che fare con un brand.
Non è più solo questione di vendita, ma di identità, di valori.

La Unique value proposition, per essere tale, deve soddisfare 3 requisiti:

  • Rilevanza: mettere in chiaro a quale bisogno risponde il nostro prodotto o servizio.
  • Valore: affermare quali benefici porta con sé, in che modo risponde al consumatore.
  • Differenziazione: dire che cosa lo rende unico, diverso rispetto agli altri.

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Unique value proposition: perché è fondamentale nella strategia di comunicazione aziendale

Trovare o rivedere la propria Unique Value Proposition è importante in tutte le fasi dello sviluppo di un business. Se un brand non è ancora sul mercato, la UVP è utile per iniziare col piede giusto e soprattutto per verificare che esista effettivamente uno spazio di mercato non solo economico, ma anche valoriale da occupare.
Un brand che ormai ha un po’ di storia alle spalle invece, può rivedere la propria UVP per correggere il tiro e per adattarsi ai tempi che cambiano.
Come abbiamo ricordato nell’introduzione, i brand sono entità in evoluzione, così come evolve il target che devono raggiungere, per cui mutare è fondamentale: un trentenne cool degli anni ’70 non è uguale a un trentenne cool del 2022!

Per dare un futuro al tuo brand, devi assicurarti di conoscere il ruolo che avrà nella vita delle persone nei prossimi 10, 20 anni e la percezione che le persone avranno del tuo brand attraverso la Unique Value Proposition.

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Unique value proposition: buyer personas

Il primo passo per costruire una buona Unique Value Proposition è conoscere il target, le persone a cui stai parlando.
Per quanto possa sembrare contro-intuitivo, è impossibile stabilire chi siamo senza sapere con chi ci relazioniamo. L’identità è sempre un concetto “relazionale“: ci comportiamo in maniera diversa al lavoro, a casa e a una festa perché in fondo in quel momento siamo persone con identità diverse.
Un buon strumento per conoscere il proprio target è quello delle buyer personas. Si tratta in sostanza di identikit delle persone che ci immaginiamo essere il nostro consumatore ideale.
La descrizione include:

  • Informazioni anagrafiche come età e genere
  • Status sociale, occupazione lavorativa
  • Hobby e passioni
  • Valori e priorità

Una volta stabilito il profilo del target possiamo procedere a capire chi siamo noi per loro, che problema risolviamo e qual è, in definitiva, la nostra Unique Value Proposition.

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Unique value proposition: esempi

Ecco degli esempi di Unique Value Proposition che in poche parole riescono a farci capire immediatamente con quale brand stiamo avendo a che fare e che cosa ci può offrire.

  • Too Good To Go: la UVP è in questo caso già nel nome. Breve e coincisa, parla ai giovani che alla sostenibilità stanno attenti e agli adulti educati a non sprecare mai il cibo.
  • Evernote – controlla il tuo lavoro, organizza la tua vita: questo esempio di Unique Value Proposition si trova nell’headline del sito web dell’azienda. Espone in modo chiaro e sintetico i bisogni a cui risponde l’app.
  • Aperol Spritz – Together we joy: la UVP di Aperol è nel claim. La bevanda promette di essere la compagna perfetta per le serate in gruppo.

Questi sono 3 esempi di Unique Value Proposition. Come avete visto possono assumere forme sempre diverse, ma ciò che conta è che esprimano il motivo per cui le persone dovrebbero voler a che fare con una PMI o un professionista che ha bisogno di una consulenza di marketing sanitario.

Elaborare una Unique Value Proposition è un passaggio complesso e cruciale per un’azienda che deve rivolgersi ad una Web Agency specializzata.

Leggi anche l’articolo: Quali sono i parametri che influenzano la SEO

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Quali sono i parametri che influenzano la SEO

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Ogni minuto centinaia di migliaia di persone cercano qualcosa su Google. La SEO è quella disciplina che, se applicata con metodo “scientifico”, ti permette di stare tra i primi risultati della pagina di ricerca.

Il mondo digitale ci accompagna notte e giorno ormai, ed è inutile dire che quando ci serve qualcosa lo cerchiamo proprio lì. A ogni nostra richiesta decine di aziende sono pronte a dare una soluzione. Tra queste, solo quelle che hanno un sito ottimo in fatto di SEO, hanno la preziosa possibilità di acquisire contatti che poi diventeranno nuovi clienti.

Fare la SEO di una pagina web è alquanto complesso: Google considera più di 200 parametri per decidere l’ordine dei risultati delle pagine di ricerca. Questi parametri vanno dalla velocità di caricamento di un sito, alla quantità di keyword che contiene, da quante altre pagine citano quel sito alla struttura gerarchica dei contenuti che presenta.

Lavorare sulla SEO significa dare valore al servizio che offre l’azienda. Senza una SEO solida come una roccia, il rischio è cadere nel dimenticatoio o, peggio, non essere mai scoperti. Cerchiamo quindi prima di partire dalle basi ovvero spiegando la SEO cos’è.

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Cos’è la SEO?

In molti si chiedono cos’è la SEO? SEO significa Search Engine Optimization, ovvero ottimizzazione dei risultati di un motore di ricerca.

Quando viene fatta una ricerca, Google si trova di fronte al mare magno di internet e si chiede quale sia la pagina in assoluto più interessante per l’utente. Non gli vuole dare solo la più interessante in realtà, ma anche quella più chiara, più autorevole e più veloce a caricare. Insomma, una bella missione. Il consulente SEO si occupa di convincere Google che la pagina che rispetta tutti questi parametri è proprio quella della tua azienda.

La “classifica” dei risultati si chiama SERP, ovvero la Search Engine Results Page. Più scaliamo la classifica più sono le probabilità che qualcuno clicchi sul nostro link. La SEO è importante nel marketing per comparire tra i primi risultati e scavalcare così i competitor.

Parametri che influenzano la SEO

Nonostante i fattori che influenzano la SEO siano moltissimi, possiamo citarne alcuni che sembrano avere un grado di rilevanza maggiore agli occhi di Google.

  • La qualità dei contenuti: testi scritti correttamente e in maniera leggibile. Frasi lunghe e complesse sono bandite, mentre è apprezzata la divisione in paragrafi brevi.
  • I fattori tecnici: tempi di caricamento della pagina (che devono stare sotto i 2 secondi), sicurezza del link, usabilità da mobile.
  • Distribuzione delle keyword: le keyword sono ciò che l’utente cerca per trovarti. Queste keyword che vuoi che puntino al tuo sito devono essere ben distribuite sulla pagina (devono essere presenti nel titolo, nelle prime 100 parole e in altri punti strategici). Bisogna però fare attenzione a non esagerare: Google è diventato un esperto a riconoscere il fenomeno del keyword stuffing. Questo si verifica quando gli articoli o i contenuti scritti risultano troppo densi di keyword, sacrificando il senso della lettura e delle informazioni fornite.
  • Link building: l’ultimo fattore primario è la costruzione di una rete di link in entrata e in uscita da e per un sito web. La link building va curata, scegliendo con attenzione i siti a cui si desidera essere associati. L’autorevolezza è un valore importante per Google e viene verificata proprio grazie ai link che rimandano al tuo sito.

 

Fattori di ottimizzazione SEO OnPage

Quando si inizia un percorso di ottimizzazione SEO il primo punto da cui partire è il proprio sito. Esistono diversi accorgimenti che mettono ordine alle tue pagine e le rendono più appetibili per i motori di ricerca. Ad esempio, curare i titoli e le metadescrizioni di tutte le pagine è un buon primo passo. In questi due elementi dovresti inserire le keyword che desideri che rimandino alla tua pagina. Il titolo deve essere breve, coinciso, mentre la metadescrizione esplicativa e invitante per l’utente.

Un altro fattore di ottimizzazione SEO OnPage è la cura dei link interni e in uscita. I link interni collegano diverse pagine del tuo sito e devono essere tutti funzionanti, rapidi e facilmente individuabili dall’utente. Quelli in uscita devono essere inseriti in posizioni strategiche e linkare siti autorevoli nel campo di cui stai parlando.

Altri metodi di ottimizzazione SEO OnPage sono la riscrittura dei metatag delle immagini, la produzione continua di contenuti rilevanti, il miglioramento della visualizzazione da mobile, la diminuzione dei tempi di caricamento e l’implementazione di una crittografia HTTPS sicura.

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SEO oltre il sito aziendale: i backlink

I backlink sono i link in entrata da siti di terze parti verso il tuo. Questi link sono preziosi, perché comunicano a Google che c’è qualcun altro che riconosce la tua competenza e autorevolezza in un certo campo. Costruire una rete di backlink è fondamentale per migliorare la propria SEO agendo off-page. Da evitare è l’acquisto di massa di link da directory di dubbia qualità, perché oltre ad essere inefficaci possono risultare addirittura dannosi all’immagine del tuo sito nei confronti di Google.

Per costruire questa rete stringi accordi con realtà simili alla tua, fai relazioni pubbliche e fai in modo che si parli di te. Una campagna di comunicazione, un cliente soddisfatto, un nuovo servizio e un contenuto di qualità sono tutti dei modi efficaci per ottenere backlink.

Leggi anche l’articolo: Logo: definizione, come creare un logo aziendale, esempi

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Logo: definizione, come creare un logo aziendale, esempi

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Il logo dell’azienda è il simbolo che la rappresenta, esprime i suoi valori, evidenzia ermeticamente tutto ciò che fa. Avere un logo significativo, funzionale e riconoscibile è fondamentale.

La creazione logo è un processo che attraversa delle fasi precise:

  1. La comprensione dell’identità del marchio. Si parte sempre da qui, da chi sei, da quali sono le caratteristiche che più descrivono ciò che fai.
  2. L’ideazione. La parte più creativa: si individuano forme, colori, lettering che traducono in grafica la tua identità. In un logo nulla è fatto per caso: ogni scelta comunica e dunque ogni scelta è importante.
  3. La realizzazione. Fissata l’idea, si realizza. In questa fase si sistemano le proporzioni, si allineano gli spazi e si armonizzano linee e forme, si fa in modo che il logo sia versatile, adattabile ai diversi supporti e dimensioni in cui verrà utilizzato.

Creare un logo è un lavoro che fa parte della progettazione grafica e che risulta creativo e certosino allo stesso tempo. Se è fatto a regola d’arte, alla fine restituisce all’azienda un marchio di cui andare fiera e in cui rispecchiarsi.

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Logo: definizione

La parola logotipo, di cui “logo” è l’abbreviazione, viene dal greco “parola” e “lettera“. Il logo nasce come una parola, un motto, un nome. D’altronde le parole sono il modo che abbiamo per dare un nome alle cose e i loghi hanno proprio questo obiettivo.

Un logo può essere composto da un simbolo, da un nome e/o da un payoff. Il simbolo è il segno grafico, l’icona, la forma non verbale che descrive l’azienda. Il nome è tipicamente quello del brand e il suo claim è il motto, la frase breve che rende comprensibile ciò di cui l’azienda si occupa.

Questi elementi possono essere presenti contemporaneamente oppure no. In base alle diverse combinazioni possibili, abbiamo diverse tipologie di logo.

 

Creare logo aziendale: tipologie

Le tipologie di un logo aziendale si dividono in base a come vengono combinati gli elementi base di un logo: simbolo, nome e payoff. Nel creare un logo aziendale distinguiamo tra:

  • Logotipo: contiene tutto. Un’icona simbolo, il nome del brand e il suo payoff. Spesso prevede versioni di se stesso in cui i singoli elementi vengono scorporati per rendere il logo azienda più versatile.
  • Monogramma: icona realizzata con le iniziali del nome del brand combinate in un carattere unico. Coinciso, chiuso, semplice e spesso subito riconoscibile.
  • Acronimo: simile al monogramma, ma con le lettere posizionate una di seguito all’altra.
  • Segno grafico: sono i loghi composti solamente da un segno grafico. Si tratta di una strada rischiosa da seguire, che possono percorrere in tutta sicurezza solo brand tanto noti da poter rinunciare alla componente verbale per essere riconosciuti.

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Come creare un logo azienda: i colori

Uno degli elementi primari di un logo per azienda è il colore. Nel processo di creazione di loghi ci si chiede fin da subito quali possono essere i colori che descrivono il carattere di un’azienda.

Si tratta di un brand pieno di energia o è calmo e riflessivo? E’ un marchio giocoso, alla mano o d’elite, quasi nobile? Sicuramente l’imprenditore che rappresenta un’azienda sa subito il tono di voce con cui si pone la sua azienda. A questo punto il logo può diventare uno degli asset inclusi nel marketing per PMI.

La teoria dei colori ci insegna come un certo colore trasmette un certo messaggio. Scegliere il colore giusto nella creazione logo significa aggiungere un pezzetto al nostro marchio che permette alle persone di capire a colpo d’occhio chi sei, qual è il tuo colore.

 

Quali caratteristiche sono fondamentali per creare loghi

In creatività non ci sono regole. Bella frase, ma falsa! Nella comunicazione visiva in generale e, nella creazione loghi aziendali in particolare, delle regole ci sono eccome. Certo, possono essere infrante quando ha senso farlo, ma rispettarle permette di creare un oggetto professionale, funzionale e riconoscibile.

Ecco tre caratteristiche fondamentali che in un buon logo non possono mancare:

  • Significato. Ogni scelta deve avere un motivo e il prodotto finale deve in qualche modo rendere accessibile a chi guarda il pensiero che c’è dietro. Se la freccia di Amazon non iniziasse dalla A e non finisse sulla Z sarebbe solo una freccia.
  • Coerenza. Un logo deve essere semplice e complesso allo stesso tempo. Ciò che permette alla complessità di risultare semplice è la coerenza di forme, angoli, spazi, colori tra i vari elementi che costituiscono un logo.
  • Precisione. Creare le giuste proporzioni, rispettare gli allineamenti in modo che l’occhio interpreti armonicamente il logo è ciò che permette al brand di essere percepito come professionale e affidabile.

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Esempi di creazione loghi

Ecco due esempi di loghi che hanno fatto la storia e che sono chiaramente frutto del lavoro di grandi professionisti:

  • FedEx. Il corriere americano ha un logo semplice in cui riporta il suo nome. Magistralmente, nel negative space tra la E e la X si vede una freccia. Mai freccia fu tanto corretta ed esplicativa. FedEx ha anche fatto uno strappo alle regole: i colori sono viola e arancio, inusuali per questo tipo di azienda, ma proprio per questo sono in grado di trasmettere l’identità smart del brand differenziandolo dai competitor.
  • Adidas. Un logo che ci rimane in testa. Le tre stripes sono una scelta intelligente perché rendono il logo versatile e danno una direzione artistica precisa per tutti i prodotti del marchio. Il logotipo è stato realizzato rispettando la regola dei terzi per ottenere proporzioni perfette.

Leggi anche l’articolo: Google My Business: cos’è e quali sono i vantaggi per le PMI

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Google Business Profile: cos’è e quali sono i vantaggi per le PMI

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Il 18% delle ricerche locali si conclude con un acquisto. Per questo una PMI dovrebbe adottare Google Business Profile. Business Profile è uno strumento messo gratuitamente a disposizione da Google dal 2014. Il suo obiettivo: permettere alle persone di trovare l’attività più vicina che può soddisfare la ricerca che sta effettuando in quel momento su un determinato servizio o prodotto.

Google Business è fondamentale per il local marketing: si tratta di un marketing legato al posizionamento e che rappresenta un aspetto altrettanto fondamentale da affiancare al direct marketing, all’affiliate marketing e al branded content marketing.

Grazie a Google Business Profile le aziende possono migliorare il proprio posizionamento sul motore di ricerca a livello locale e hanno la possibilità di comunicare direttamente con i propri clienti tramite la propria scheda e le recensioni.

In questo articolo scopriamo come è fatto un profilo su Google Business Profile e quali sono i vantaggi per un’attività che sfrutta questo strumento nel migliore dei modi.

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Google Business Profile: cos’è

Google Business Profile è una piattaforma su cui le aziende hanno la possibilità di creare una scheda. Immaginatelo come un social network in cui, per entrare, devi dimostrare di essere chi dici di essere. Tutti i profili aziendali su Business Profile, infatti, sono verificati da Google tramite una cartolina spedita per posta in modo da evitare la creazione di utenze false.

Come è fatto questo profilo? Quali sono i suoi elementi principali?

  • Nome e logo: sono la prima cosa che le persone vedono e devono essere capaci di incuriosire, di suscitare il desiderio di saperne di più. Chiaramente meglio se il logo risulta creato da una web agency a seguito di un’attenta progettazione grafica.
  • Gallery: decisamente la sezione più corposa del profilo. Comprende sia le foto caricate dal proprietario dell’azienda sia quelle condivise dai clienti in visita. Curare queste immagini significa curare l’idea che le persone si fanno dell’attività stessa. Il consiglio per l’imprenditore è quello di inserire delle foto realizzate da fotografi professionisti.
  • Informazioni di contatto. Nell’ordine: indirizzo, numero di telefono, eventuale sito web, orari di apertura. Per quanto sia semplice inserirli, è importante tenerli aggiornati. Informazioni complete e aggiornate sono un buon indice di professionalità e affidabilità.
  • Descrizione e servizi offerti. Si tratta di una parte testuale in cui comunicare, con parole semplici e chiare, cosa fa l’attività. E’ un testo funzionale e per questo è perfetto se leggero e conciso.

Questo è tutto quello che le persone vedono quando trovano un’attività iscritta a Google Business Profile. Questa è la vetrina davanti alla quale passano prima di decidere se entrare o no.

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Google Business Profile: come funziona

Una volta creato e verificato il proprio profilo, Google Business entra in azione. Le due vie principali in cui la vostra scheda viene mostrata alle persone sono il motore di ricerca e Google Maps.

Sul motore di ricerca compare nel momento in cui qualcuno fa una ricerca locale. Ad esempio: “ristorante vicino”, “gelateria” o “web agency Milano“. La scheda più adatta apparirà in primo piano nella visualizzazione mobile e lateralmente in quella desktop.

Da qui, chi cerca può vedere le informazioni dell’attività, avviare la navigazione con Google Maps, chiamare per chiedere informazioni o prenotare un appuntamento e tanto altro. Si apre un importante canale di comunicazione tra azienda e potenziale cliente.

Google Maps lavora nello stesso modo. La visualizzazione qui cambia: l’utente può esplorare le mappe da solo scoprendo le attività presenti in una certa zona. Una ricerca su Maps in genere indica una forte propensione alla visita del punto vendita rispetto a una classica ricerca web. Anche in questo caso, un’azienda presente su Google Business Profile ha un grande vantaggio rispetto a chi non lo è: il poter essere trovata, conosciuta da nuovi clienti ogni giorno.

Per migliorare sempre di più il proprio posizionamento locale con Google Business Profile è importante lavorare sulla scelta delle categorie e della tipologia dell’attività: più sono precise, più sarà probabile che Google consigli una certa scheda piuttosto che un’altra.

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Google For Business: quali sono i vantaggi per le PMI

Possiamo raggruppare i vantaggi che Google For Business ha per le aziende in tre categorie e da questi si capisce perchè è importante nel marketing per PMI.

La prima è il posizionamento nelle ricerche locali. Tutti cerchiamo almeno una volta al giorno qualcosa su Google Maps: un posto in cui passare la serata, lo studio medico più vicino, la pasticceria di cui ci ha parlato un amico. Essere su Google Business Profile significa avere la possibilità di raccogliere queste richieste e farsi scoprire da nuove persone.

La seconda categoria riguarda la comunicazione resa possibile dalle schede di Google Business Profile. Si tratta di canali diretti, in cui l’azienda può comunicare le proprie informazioni di base e in cui i clienti possono condividere la propria esperienza. Curare la sezione recensioni, significa rispondere e dare spazio sia ai complimenti che alle critiche. Chi arriverà dopo potrà leggere questi scambi e comprendere l’importanza che l’azienda dà al cliente e ai servizi che gli offre.

Dulcis in fundo, Google Business Profile permette di analizzare tutte le statistiche relative alle visualizzioni e alle azioni compiute sulla propria scheda. Si può scoprire se i clienti hanno visitato il sito, richiesto indicazioni stradali, guardato una foto e molto altro ancora.

In conclusione Google Business Profile è uno strumento potente nelle mani delle piccole e medie imprese. Bisogna usarlo nella maniera giusta ottimizzando la scheda aziendale.

Leggi anche l’articolo: 7 regole per creare post per Facebook perfetti

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